“Sortirne insieme è politica, sortirne da soli è l’avarizia”. Montanari, Biggeri e Roghi su Don Milani, a Siena.

Giovedì 30 gennaio, all’interno della rassegna MondoCult, parliamo di Don Lorenzo Milani con Ugo Biggeri, Vanessa Roghi e Tomaso Montanari. Ci troviamo nella sede di Officina Solidale e MondoMangione a Siena, in via Bernando Tolomei 7.
Tutti conoscono Don Milani e in fondo nessuno sa davvero di Don Milani: succede quando si tradiscono le persone per i loro santini e i santini prendono vita propria. In questi casi, storici e studiosi delle fonti sono i primi da ascoltare per ripulire i discorsi e poi dargli nuovo slancio sul presente, magari trovando nuove chiavi di lettura prima inesplorate.
Quella economica ad esempio, che proveremo a tracciare giovedì 30 gennaio insieme a Ugo Biggeri, uno dei pionieri della finanza etica in Italia. Ed è il caso di usare la parola pionieri a rischio di essere enfatici, se si parla di una disciplina che ambisce a una rivoluzione delle prassi; a partire dal suo nome che ci suona ossimorico, laddove la percezione comune della finanza è dell’invisibile burattinaio che muove fili, spinto tutt’altro che da ragioni etiche. Ma esistono soluzioni, ce ne parlerà.
Biggeri ha curato il volume "Don Milani, alle radici dell'economia alternativa", in cui propone una lettura non usuale: nel pensiero e negli scritti di Don Milani, dice Biggeri, si possono rintracciare critiche al sistema economico degli anni del boom, che, secondo lui, già alimentava tremende disuguaglianze e ingiustizie. Don Milani offre anche spunti per un’economia più giusta, basata sui diritti, la redistribuzione e un consumo critico. È una chiave di lettura poco esplorata e siamo curiosi di capire perché oggi sia così rilevante.
Ma prima di una nuova lettura di Don Milani, come dicevo a inizio pagina, serve fare pulizia. Il senso della serata è, quindi, non solo di discutere della contaminazione delle idee ma anche di fare chiarezza e dare contesto storico alla sua figura.
Anche per questo abbiamo invitato Vanessa Roghi, storica e ricercatrice indipendente, una delle studiose più attente del pensiero educativo e sociale di Don Milani. Tra i suoi libri sull’argomento “La Lettera sovversiva: da Don Milani a De Mauro, il potere delle parole” e “Il passero coraggioso - Cipì, Mario Lodi e la scuola democratica”. Vanessa si è occupata a lungo di come il suo approccio educativo abbia rappresentato una vera rottura negli anni ‘60, proprio alla vigilia del Sessantotto e anche di come più o meno consapevolmente Don Milani sia stato maneggiato. Insieme a lei ricostruiremo la figura di Don Milani osservandone la sua attualità e ricostruendo il reticolo di idee che ha innescato negli ultimi 50 anni.
Questi due approcci – economico e storico – possono sembrare distanti, ma in realtà si incontrano in quello che potremmo definire il cuore del pensiero di Don Milani: l’etica della cura, il suo famoso "I care", “mi importa”: ovvero prendersi cura degli altri, combattere l’indifferenza, mettere al centro la giustizia sociale. Parole? Non proprio a guardare la vita del parroco di Barbiana.
A tirare le fila del discorso ci sarà il prof. Tomaso Montanari, da sempre vicino al pensiero di Don Lorenzo. Lo ha citato non a caso pochi giorni fa nel suo potentissimo discorso inaugurale dell’anno accademico dell’Università per Stranieri di Siena, di cui è Rettore.
“Guai a cedere alla tentazione di chiudersi nelle biblioteche e nei laboratori. Mai come oggi l’università deve aprire le sue porte, connettersi alla comunità civile, prendersene cura. Per questo abbiamo voluto che oggi fosse con noi una rappresentanza dei lavoratori della Beko, e per questo tra pochi minuti prenderà la parola una rappresentante del nostro Osservatorio sulla precarietà. La precarietà del lavoro unisce ricercatori e lavoratori dell’industria; e siamo persuasi che la politica, quella vera, non sia salvarsi da soli, ma sortirne insieme, come diceva Don Milani”.
Sempre Montanari, interviene all’interno del libro di Michele Gesualdi, uno dei primi sei "ragazzi" di Barbiana, che dando voce alle vive testimonianze di quanti lo hanno conosciuto direttamente, basandosi anche sulle sue lettere, alcune delle quali inedite, ricostruisce il percorso che ha portato Don Milani all'"esilio" di Barbiana.
“Verso la fine del libro, - scrive Montanari - in una delle sue parti più profondamente toccanti, si svolge il dialogo tra Michele e il maestro morente. È un vero testamento, riportato tra virgolette, costruito dalla forza testimoniale di parole rimaste impresse a fuoco nella coscienza di chi ascoltava. Qui Don Milani dice – dice a noi – come vorrà essere ricordato: ed è su questo metro che bisogna misurare le parole che oggi gli vengono dedicate. Egli profetizza:
«Quando sarò morto, gli intellettuali e i borghesi si vanteranno di aver avuto anche Don Milani…ma voi non lo permettete, io non sono più dei loro. Sono un barbianese, e i barbianesi valgono molto più.
Se i barbianesi dovessero scrivere qualcosa su di te, dopo la morte, cosa vorresti si dicesse? Mi vuoi dettare qualcosa?». Risponde: «Nulla, caro, io sono una povera creatura che deve morire, del resto quello che avevo da dirvi, ve l’ho detto fino alla noia nei tredici anni di scuola … Non c’è da parlare della “eroica” storia di Don Lorenzo Milani, ma della eroica storia dei poveri, della nobiltà della classe operaia e contadina che mi ha accolto e aperto gli occhi. In questi anni vi ho educato a sentirvi classe, a non dimenticarvi della umanità bisognosa e a tenere a bada il vostro egoismo, perché non si tratta di produrre una nuova classe dirigente, ma una massa cosciente»”.